mercoledì 9 giugno 2010

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL RAZZISMO


DA WHITE SUPREMACY
Di ETTORE MARANO
Il problema del razzismo in America, razzismo che adesso come adesso non è solo ed
esclusivamente bianco, va affrontato mediante un’analisi scevra il più possibile da pregiudizi di
carattere morale od ideologico.
E dico il più possibile perché ognuno di noi, anche e soprattutto l’estensore di questo scritto, è
comunque preda, cosciente o meno di esserlo, dei suoi convincimenti o pregiudizi.
Diciamo intanto che il razzismo è parte dell’essere umano; una parte che magari non ci piace ma
con cui dobbiamo fare i conti.
Non è assolutamente un fatto elitario, bensì è , in moltissimi casi, radicato nella gente umile, tanto
che alcuni lo ascrivono ad ignoranza; ma questo non è sempre vero.
Esistono diversi tipi di razzismo, le cui connotazioni non sono necessariamente negative;
spiegandomi meglio, oggi viene inteso come razzismo anche la volontà di restare ancorati alle
proprie tradizioni, di essere fieri delle stesse come della storia della propria gente, di preferire la
compagnia, in tutti i sensi, di chi è come noi e di riconoscere un fatto ovvio: quello che esistono
popoli, etnie, culture, razze ( anche se agli alfieri del politicamente corretto questo termine non va
giù) che sono diversi. Questo atteggiamento mentale ha in sé il rischio di portare ad una ottusa
chiusura mentale, però va anche detto che non sempre il rischio diventa realtà.
Ci sono molti cosiddetti razzisti che hanno una curiosità intellettuale verso le altre culture, tanto da
studiarle profondamente e da saperne discutere in maniera approfondita, che molti cosiddetti
cosmopoliti antirazzisti si sognano.
Per fare un esempio illustre penso al grande scrittore Rudyard Kipling, anglo – indiano, come si
definiva lui stesso, cantore dell’imperialismo inglese e del Fardello dell’Uomo Bianco, ma la cui
opera è pervasa da un grande amore per il paese in cui era nato, l’India, e per i popoli che lo
popolavano.1
C’è però un altro aspetto del razzismo che porta a considerare la propria razza superiore alle altre ed
a disprezzare conseguentemente le altre culture.
Questo atteggiamento è oggettivamente negativo, in quanto sintomo di poca intelligenza da una
parte e di una profonda mancanza di sicurezza dall’altra.
Chi sa di essere superiore non è mai arrogante e non disprezza nessuno. Questo è quanto.
Vero è anche che il senso di superiorità bianca era ed è dovuto a un fatto oggettivo.
I popoli europei dal 1400 in poi hanno mostrato un dinamismo fortissimo che li ha portati ad una
fortissima espansione in tutto il globo. Hanno avuto un fortissimo progresso tecnologico e la
capacità di trovare delle applicazioni pratiche alle scoperte tecnologiche.
Anche in campo letterario, filosofico e speculativo hanno avuto una posizione di leadership.
Questo in contrasto con popoli di antichissima civiltà, quali i cinesi e gli arabi ( ricordiamoci che
nei primi secoli del Medio Evo sono stati gli arabi che hanno svolto in campo culturale, con la
riscoperta dei classici greci, ed in campo tecnologico la funzione ricoperta dagli europei nei secoli
del Rinascimento) che però avevano esaurita la loro carica vitale e che il contatto con gli europei ha
contribuito a portare nel mondo moderno.
Comunque molto spesso un atteggiamento che i cosmopoliti considerano razzista è puramente e
semplicemente la voglia di conservare la propria identità culturale.
Ritornando però alla situazione americana dobbiamo dire che il razzismo bianco americano ha due
retroterra culturali fortemente interconnessi anche se a prima vista in contrasto fra di loro: la
matrice religiosa calvinista e la matrice filosofica illuminista inglese, quella di Hume e Locke, per
intenderci.
La prima matrice, quella calvinista si rifà al mito della predestinazione per cui solo pochi possono
essere coloro che si salveranno e che sono destinati a costruire la Città di Dio in terra, la nuova
Gerusalemme.
Questo è alla base del primo razzismo americano, volto contro gli indigeni, i pellerossa, verso i
quali solo negli USA c’è stato un piano sistematico di genocidio.
Per i pii pellegrini del New England gli indiani erano coloro che si opponevano alla nascita di
questa nuova Gerusalemme2, erano il Male Assoluto, per usare un termine di moda, contro di loro
doveva essere applicato il biblico Anatema di Esecrazione3 che gli ebrei avevano applicato contro i
cananei e gli amaleciti; a differenza che nel Canada o in Messico, dove pure erano stati massacrati
gli indiani, gli indiani in quelli che saranno poi gli USA non devono neanche essere assimilati
poiché come potevano essere assimilati coloro che erano considerati figli di Satana che si
opponevano alla santa missione degli Eletti?
Tantomeno devono essere convertiti perché Dio ab initio li ha condannati alla dannazione.
Questa intolleranza, questo rigido orgoglio sono mirabilmente descritti nelle pagine di Nathaniel
Hawthorne.
Questa mentalità la si nota anche in epoca odierna nell’atteggiamento degli Orangisti dell’Ulster e
dei calvinisti Boeri nel Sud Africa.
Un’altra influenza culturale è data dall’illuminismo inglese; i Padri Fondatori, in gran parte ricchi e
raffinati piantatori meridionali, erano seguaci della cultura illuministica inglese in prima parte e poi
di Diderot e D’Alembert e parlavano di libertà e di uguaglianza tanto è vero che erano gli idoli di
tutti i salotti della Parigi illuminista, come testimonia l’accoglienza data a Beniamino Franklin.
Nella Dichiarazione di Indipendenza, testo sacro per ogni americano, c’è scritto “ tutti gli uomini
sono stati creati liberi ed uguali”; ora questa frase poneva un problema: se tutti gli uomini sono
uguali come si poteva spiegare il fatto che migliaia e migliaia di uomini fossero tenuti in schiavitù?
Come poteva essere spiegato il fatto che i pellerossa fossero sistematicamente depredati dei loro
terreni e cacciati come selvaggina?
Come mai l’estensore stesso di quella frase, Thomas Jefferson era un piantatore proprietario di
schiavi?4
La giustificazione dei puritani e dei protestanti era data dalla Bibbia e dalla maledizione di Noè sul
figlio Cam, biblico progenitore della razza nera.
Questo però non poteva bastare ai raffinati intellettuali anticlericali che avevano fondato gli USA.
Quindi si doveva affrontare il discorso in un altro modo, giungendo se non a negare l’umanità degli
schiavi e dei negri in genere, per non doverli considerare dei cittadini, quantomeno a considerarli
come dei bambini un po’ cresciuti che dovevano essere guidati per il loro stesso bene.
( Qui dobbiamo aprire il discorso della cesura fra la mentalità protestante ed illuministica e il
vecchio mondo classico.
Nella mentalità classica esisteva la schiavitù: gli schiavi nel mondo classico erano prigionieri di
guerra o potevano essere debitori insolventi.
Il fatto era però che non perdevano mai la loro umanità, anche se grammaticalmente in latino
erano considerati delle cose.
Il termine mancipium infatti è di genere neutro.
Però la schiavitù non era di per sé necessariamente perpetua: lo schiavo poteva essere emancipato,
diventare un liberto, e nell’epoca imperiale assurgere a posizioni di comando.
Lo schiavo poteva essere germanico o etiope, gallo o numida, ma la sua sorte poteva essere la
stessa.
Tutti potevano essere liberati. Dunque il razzismo non esisteva nel mondo classico? Certo che
c’era.
Il termine barbaro ha origine dal termine greco oi barbaroi, designante lo straniero per quanto
civile quel popolo potesse essere; tanto è vero che venivano chiamati così anche gli Egizi ed i
Persiani, che come civiltà erano sicuramente più avanzati dei Greci antichi.
Anche nel popolo romano c’era come esiste in tutti quei popoli che hanno una alta concezione
della missione che è stata loro destinata.
La schiavitù esisteva anche nel mondo medioevale ma valeva anche per quel mondo il discorso
fatto prima.
Oltretutto era stata condannata da papa Gregorio primo.
Solo in età moderna ed in America, con la necessità del lavoro servile su larga scala per il lavoro
nelle piantagioni, si arriva alla tratta degli schiavi ed a un fatto curioso: la tratta degli schiavi
viene effettuata in tutte le Americhe, ma mentre spagnoli e portoghesi, forse perché non si
consideravano unti dal signore, non avevano alcun senso di colpa e non ostentavano però nei
confronti dei loro schiavi neanche un aperto razzismo, se non quello che mostravano verso
chiunque fosse loro sottoposto, nell’America anglosassone si ha bisogno di un alibi per giustificare
lo sfruttamento e la riduzione allo stato animale di esseri umani; il razzismo americano nasce da
questo bisogno di giustificazione.)
Ovviamente è forzatamente riduttivo equiparare il razzismo alla schiavitù, in quanto molti
abolizionisti, fra cui lo stesso Lincoln, pur essendo contrari alla schiavitù per ragioni umanitarie ma
ancora di più per ragioni economiche, in quanto l’economia schiavista era fondamentalmente
arretrata ed avrebbe fatto del Sud una palla al piede per il resto della nazione, d’altra parte erano
assolutamente sicuri dell’inferiorità dei negri e della assoluta necessità che fra le due razze fosse
quella bianca a dovere assumere posizioni di comando, tanto che dopo la fine della guerra civile
molti abolizionisti assunsero posizione chiaramente e risolutamente razziste.
D’altro canto molti pensatori sudisti , quali John Calhoun e George Fitzhugh,5se difendevano una
cosa francamente indifendibile quale la schiavitù, secondo la teoria del male minore, era perché
aborrivano la nascente società industriale del nord, che consideravano un esempio di sfruttamento
dell’uomo sull’uomo molto più feroce ed inumano della schiavitù stessa.
La stessa politica di emancipazione attuata nel 1863, fu all’inizio solo una misura di guerra
propagandistica, attuata come fu solo verso gli stati a schiavi ribelli non ancora sotto il controllo
dell’Unione, e fu fatta breve tempo prima del decreto di Jefferson Davis, su consiglio di Robert Lee,
che dava agli schiavi che si fossero arruolati sotto le bandiere della confederazione la piena
emancipazione con la promessa a guerra finita della cittadinanza e di un pezzo di terra coltivabile;
tutto ciò mentre nel Nord l’arruolamento dei negri era in maggior parte coatto, mentre si discuteva
ancora se deportare o meno gli schiavi liberati,molto spesso rinchiusi in campi di concentramento e
i negri arruolati erano utilizzati come carne da cannone al fine di risparmiare le truppe bianche.6
Certamente bisognerebbe chiedersi se le promesse di Davis sarebbero state mantenute e quanto
questo esperimento avrebbe potuto servire ad evitare i conflitti che sarebbero seguiti alla guerra
civile ed alla Ricostruzione.
Ma questi ragionamenti sono marginali, nel caso in questione; il razzismo in America nasce da un
fatto palmare per gli Americani. L’America nasce per i bianchi. Il governo del popolo e per il
popolo di cui parla in un nobilissimo discorso Lincoln, era un governo per il popolo bianco. La
Grande Nazione Unita sognata da Lincoln, Webster, Hamilton, contro la federazione di popoli e
stati americani voluta da Calhoun, era una nazione per i bianchi: questa era l’opinione di tutti gli
americani bianchi.
E per molti nordisti, quelli del New England, era circoscritta ai bianchi protestanti ed anglosassoni, i
WASP appunto.
Dai primi anni di vita della giovane repubblica si consoliderà un atteggiamento di orgogliosa
esclusione per chiunque non faccia parte dell’America: e questo non si estrinsecherà solo versi i
negri ed i pellerossa, ma bensì verso anche la cultura europea.
Di questo atteggiamento faranno le spese nel passare degli anni gli emigranti europei.
Prima dell’apparizione del Partito Repubblicano, dalle ceneri del Partito Whig, nasce il partito
cosiddetto dei know nothing ,7il cui programma, come si evince dal nome, è sicuramente molto
vago, ma caratterizzato da una forte xenofobia, specie verso gli irlandesi e i cattolici, e da un ancor
più forte razzismo.
Gli emigranti possono venire ed in cambio della loro fatica raccattare le briciole, questo discorso
vale per gli irlandesi prima, poi per gli italiani e gli abitanti dell’Est Europeo, oltre che per gli
ispanici.
Durante la guerra civile americana, come per la guerra contro il Messico anni prima, gli emigranti
irlandesi, che hanno la residenza dovranno versare il loro sangue in quelle che sono guerre volute
dai ricchi ma combattute dai poveri, sotto la minaccia del rimpatrio per ottenere la cittadinanza.
Ma se per le copperheads irlandesi, i dagoes italiani, i greci, i polacchi e gli slavi in generale verrà
il tempo dell’integrazione, per i negri questo tempo non verrà e l’integrazione dovrà essere
conquistata palmo a palmo.
Eppure i negri americani in stragrande maggioranza non desiderano altro che essere integrati.
Ma le bandiere americane strappate dai poliziotti bianchi ai manifestanti negri per i diritti civili in
quanto l’America è solo dei bianchi, i cadaveri dei soldati negri morti in Vietnam che non possono
essere seppelliti vicini ai loro commilitoni bianchi, le chiese cristiane negre date alle fiamme mentre
i fedeli sono a pregare perché Cristo è venuto solo per i bianchi, ricordano a tutti i negri americani
che i bianchi non li considerano e non li considereranno mai cittadini.
Molti allora diranno con Malcolm X “ …No, io non sono americano. Sono uno dei 22 milioni di
uomini dalla pelle nera che sono vittime dell’americanismo, uno dei 22 milioni di vittime della
democrazia che non è altro che un’ipocrisia travestita…vedo l’America con gli occhi della vittima
e non riesco a vedere nessun sogno americano, quello che vedo è un incubo americano…” 8;
Malcolm X vede la politica di avvicinamento da parte dei liberals bianchi e dei dixiecrats per quello
che è, un tentativo di usare i negri come massa di manovra ed elettorale per gli scopi di altre élite
bianche e rifiuta l’integrazione. La sua analisi della situazione viene per ironia della sorte compresa
ed in un certo modo apprezzata dal capo del partito nazista americano, Lincoln Rockwell. I due
condivideranno la stessa sorte; verranno infatti assassinati entrambi da elementi delle rispettive parti
politiche.
La lotta contro l’egualitarismo e la multiculturalità è dunque uno sbaglio. No di certo!
L’integrazione forzata nelle scuole fu un errore voluto da centrali di pensiero ben note e per scopi
inconfessabili ma anche quelli ben noti; il mito del melting pot fallisce miseramente ogni giorno
negli scontri non solo fra negri e bianchi, ma fra negri, ispanici ed asiatici, e nelle sommosse
razziali e la società americana non è mai stata così divisa; un negro non può ottenere giustizia da
una giuria di bianchi, come un bianco non la può ottenere da una giuria di negri. I casi di Rodney
King e di O.J. Simpson stanno a dimostrarlo.
Il sistema delle quote razziali e di lobbies ha portato ad un tipo di società dove la gente fa carriera
nelle amministrazioni pubbliche non in base al proprio merito, ma perché le assunzioni e le
promozioni devono essere divise in base alle appartenenze a certe etnie o a certi gruppi di
pressione, cosicché devono essere promossi un certo numero di bianchi, un certo numero di negri,
un certo numero di donne ed un certo numero di omosessuali; la criminalità è cresciuta in modo
esponenziale , e gli omicidi e gli stupri inter – etnici sono all’ordine del giorno; nelle Università
americane si arriva al punto di considerare razzista studiare Platone e si impone di studiare filosofi
negri9ma tutte queste assurdità sarebbero passate molto meno se certi atteggiamenti fossero stati
meno ottusi.
William Pierce in un saggio lamenta il fatto che i media liberals facessero di tutto negli anni 60 per
mostrare solamente scene di violenza da parte dei bianchi, bisogna anche dire però che queste scene
accadevano realmente e non erano frutto di montaggio televisivo, e sono state il modo per rendere
odiosa ogni opposizione alla società multietnica.10
1 Purtroppo in Italia è conosciuto ormai solo per i romanzi per ragazzi IL LIBRO DELLA JUNGLA e CAPITANI
CORAGGIOSI
2 Da qui il termine Israeliti cristiani Bianchi di cui parlano alcuni razzisti americani fra cui i Cavalieri della Camelia
Bianca (Cfr. RIGHT WING prima parte IL KU KLUX KLAN).
3 L’anatema di esecrazione era il comando divino di sterminare i nemici che Dio dava in mano ai giudei, senza
riguardo di età e sesso; Saul perde il favore divino e la sua legittimità di re poiché risparmia alcuni dall’anatema di
esecrazione.
4 Si deve però anche dire che sia Jefferson e Washington bollavano, ed erano sicuramente sinceri, la schiavitù con
parole di fuoco e che molti tollerassero la schiavitù come male minore, anche perché pensavano che i negri non
avrebbero potuto reggere il peso della libertà, stante la loro arretratezza. Ma questa arretratezza era anche causata
dalla schiavitù stessa.
5 Si deve dire di Calhoun che affermava che era un dovere per i proprietari degli schiavi il trattarli umanamente,
come Nathan Bedford Forrest, che rifiutava di vendere i suoi schiavi a persone che non davano assicurazioni a
riguardo. Ciò non toglie nulla alla disumanità della schiavitù in sè.
6 Cfr. l’introduzione di R. Luraghi ad AA.VV. LA GUERRA CIVILE AMERICANA, Il Mulino , Bologna 1978, pag.
53.
7 Il nome del movimento era ORDINE DELLA BANDIERA A STELLE E STRISCE. Una buona ricostruzione del
periodo si ha nel film GANGS OF NEW YORK di Scorsese con Leonardo di Caprio e Daniel Day-Lewis.
8 Malcolm X THE BALLOT OR THE BULLET, ( Titolo italiano La scheda o il fucile) discorso tenuto a Cleveland,
Ohio il 3 aprile 1964. Lo si può leggere in Malcolm X ULTIMI DISCORSI, Einaudi, Torino 1968.
9 Dei quali non si ha peraltro notizia, a meno che le teste pensanti politicamente corrette, non dicano che si debba
studiare solo Aurelio Agostino di Ippona, che era di pelle scura.
1 0 Cfr. RIGHT WING voci della destra radicale americana prima parte il Ku Klux Klan.

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