giovedì 13 gennaio 2011

NAZIONALBOSCEVISMO


ricevo dai camerati del Fronte bolscevico Nazionale questo post in cui loro spiegano il loro movimento. L'intervento è breve ma chiaro, limpido. Toglie molte ambiguità.

La nostra è una ideologia particolare, perchè come si può notare noi non ci rifacciamo a nessun movimento nazbol europeo, anche se condividiamo con essi molte battaglie. Abbiamo scelto questo termine forte, d'impatto per molteplici motivi, come , per esempio, il fatto che in Italia non esisteva nulla del genere e noi proprio il nuovo avevamo in mente di rappresntare rispetto all'accozzaglia di movimenti e partiti della cosiddetta "area". Un altro motivo fondamentale sta nel fatto che con bolscevismo ci tenevamo ad indicare una politica economica esasperatamente socialista nazionale, che nulla ha a che vedere con il marxismo. A questo punto molti si chiederanno e perchè allora non usare il termine socialista anzichè bolscevico? Domanda lecita alla quale rispondiamo che il socialismo propugnato inizialmente da grandi personalità come ,per esempio, Mussolini successivamente perse molte delle sue volontà iniziali imborghesendosi sempre più e quindi anche per questo motivo abbiamo deciso di scegliere questo termine di grande impatto che nulla come abbiamo detto precedentemente ha a che vedere con il marxismo, ma che è sinonimo di un socialismo nazionale radicale economicamente parlando.
Questo non significa che noi critichiamo l'operato di colui che riteniamo sia stato il più grande statista di sempre, perchè è quella la nostra estrazione poltica però semplicemnte abbiamo deciso di agire in modo un pò differente perchè i giorni nostri è questo che ci richiedono! Il nazionabolscevismo che portiamo avanti noi è l'unica via possibile (terza via) alternativa al marcio del sistema capitalista ed all' insensatezza del marxismo.
NEL BENE E NEL MALE BOLSCEVISMO NAZIONALE!

spero che questo scritto dia una spinta per un dibattito che tolga l'area dai nostalgismi e dai reducismi...
nella foto c'è Ernst Niekisch...

lunedì 10 gennaio 2011

NOI NON DIMENTICHIAMO MINISTRO FRATTINI


Quello algerino e tunisino sono governi che costituiscono un’importante presenza mediterranea anzitutto nella lotta al terrorismo’. Cosi’ il ministro degli Esteri, Frattini. ‘Noi condanniamo ovunque – ha proseguito – le violenze, ma sosteniamo governi che hanno avuto coraggio e hanno pagato con il sangue dei propri cittadini gli attacchi del terrorismo. Questo non dimentichiamolo mai’.
Certo che non lo dimentichiamo, Frattini.
Noi non dimentichiamo che il sangue pagato dai concittadini di quei governi è stato versato dalle forze repressive di quei governi stessi. Noi non dimentichiamo che la lotta fratricida che da oltre un decennio insanguina 'Algeria, è stata innescata da un colpo di stato, tollerato se non incoraggiato dalle potenze europee edoccidentali, voluto da un regime corrotto che non poteva tollerare di perdere il potere, come lo stava perdendo, DEMOCRATICAMENTE.
Noi non dimentichiamo che il regime di Ben Alì in Tunisia è stato imposto il 7 novemre 1984 da un colpo di stato, orchestrato dai nostri servizi segreti e da quello francesecon il beneplacito della CIA.
Noi non dimentichiamo che il Paese TUNISIA é in mano alla famiglia Trabelsi, la famiglia El Matri, El Karoui. (I principali beneficiari della privatizzazione in Tunisia, delle imprese pubbliche, dei crediti bancari e del mercato nero sono sempre più numerosi tra i membri della «famiglia regnante», come sono chiamati i genitori, i fratelli, le sorelle e gli alleati di Ben Ali e della moglie Leila Trabelsi).Diversi di loro hanno interessi nella sfera pubblica e privata, e utilizzano la loro influenza per arricchirsi come intermediari in diversi settori, compreso quello dell’occupazione, incapace di assorbire la crescente offerta di manodopera giovanile.Noi non dimentichiamo che Il numero reale di disoccupati laureati è il doppio di quello affermato dalle statistiche ufficiali (40.000).Noi non dimentichiamo che "La verità è che nel nostro paese se non si dispone di una spinta non si può fare nulla - afferma un giovane ingegnere tunisino emigrato in Canada - anche se hai le qualifiche, non è garantito un posto di lavoro, se non si da una bustarelle o una tangente o se non si conosce qualcuno in alto”. Noi non dimentichiamo che la classe politica di cui lei è un esponente, tutta la classe politica, è una classe che lungi dal far gli interessi della Nazione italiana fa gli interessi della Grande Finanza Apolide, e che qualsiasi governo di qualsiasi colore sia in Italia, non è altro che il Governo di Occupazione Capitalista!
Stia tranquillo che non lo dimentichiamo e che cercheremo di non farlo dimenticare al Popolo Italiano!
E forse verrà il giorno che questa classe di corrotti e di corruttori in questo paese si troverà di fronte chi, come ora in Tunisia ed in Algeria altri stanno facendo con le loro classi dirigenti corrotte e tiranniche, le presenterà il conto per aver distrutto il benessere ed il futuro del Popolo Italiano!
http://www.reset-italia.net/2011/01/09/tunisia-e-le-voci-di-chi-lotta/
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=36698

sabato 8 gennaio 2011

perchè per gli eroi qui non c'è paradiso, ricordare Acca Larentia


"le nostre son storie di un attimo solo
che durano tutta un'eternità
chi ancor le rammenta, chi ancor le racconta
si veli del nostro pudore che abbiamo lasciato laggiù
e si passi una mano sul viso
perchè per gli eroi qui non c'è paradiso.
avezzi non fummo alla morte, alla guerra
avezzi non fummo a fuggire la vita
eppure ci colse la fredda sorella
sembrò ci guardasse negli occhi e per noi si facesse più mesta
mettendo una mano sul cuore
perchè per gli eroi qui non c'è che dolore.
morire nell'ombra di vicoli scuri
fu quel che ci spiacque alla fine di tutto
il sogno che in fondo avevamo nutrito era quello di giungere
all'ultima ora in battaglia era il sogno più bello di una vita inera
di giungervi un giorno di primavera...
la vampa di fuoco ci colse nel petto
che importa la mano e chi fu l'assassino
noi senza tristezza lasciammo la terra
alla vita volgemmo le spalle
che tutto sommato morire di maggio
non ci vuole poi proprio tanto coraggio
le lacrime, i pianti, i lamenti, i sospiri
le belle parole lasciamole agli altri
un gesto ci basta, ci basta un ricordo
ci basta che un giorno si insegni
a chi prenderà il nostro posto
che alta sta sopra gli affanni
la morte che bella ti giunge vent'anni
fratelli l'amore vi faccia più saldi
E L'ODIO VI STRINGA PIU FORTE AL NEMICO!
IL TERMPO CHE PASSA CANCELLA LE TRACCE
DI TUTTI GLI EVENTI DI TUTTE LE STORIE DI TUTTI I RANCORI
CHI L'ODIO NON PORTA NEL CUOR
VUOL DIRE CHE MAI E' VISSUTO D'AMORE!"
Per chi visse d'amore - Nereo Zeper.
Questa poesia cantata è dedicata Francesco Ciavatta, Francesco Bigonzetti, Stefano Recchioni morti ad ACCA LARENTIA: R.I.P.

venerdì 7 gennaio 2011

USCIRE DALLO SFASCISMO Annotazioni su un testo di Piero Vassallo

Quest'oggi l'estensore di questa nota ha ricevuto dall'amico Piero Vassallo, il testo che vi sottopongo. Lo considero molto interessante, ed anche se non condivido alcune parti, meritevole senz'altro, di attenta riflessione. Metto subito in chiaro che per me i termini destra e sinistra non hanno alcun significato, questa essendo una dicotomia ereditata dal 1789.

Piero Vassallo tenta di trovare un'armonizzazione fra spinte presenti nella nostra area culturale....Può il suo tentativo suscitar polemiche ma va COMUNQUE studiato e discusso. E studio e discussione spero accadano....



Idee per la cultura di una destra
possibile dopo la parentesi sfascista

Il professore Giovanni Sessa ha chiarito la portata e il senso della raccolta di testimonianze sul rinnovamento a destra, l'ambizioso e coraggioso progetto avviato da Sandro Giovannini e intitolata Nuova Oggettività.
E' condivisibile senza riserve la pars destruens - in special modo la dura critica della finanza iniziatica, lues dell'occidente, diventato ormai heideggeriana terra del tramonto.
Ora l'ostacolo alla nascita di una nuova e sintetica cultura di destra risiede, a mio avviso, nelle divergenze sul metodo. Infatti nella scelta del metodo ora si nasconde la verità ora il suo contrario.
Pertanto non sarà facile trovare un accordo sul metodo da seguire per ottenere la pacifica e ragionevole convivenza delle tre diverse e irriducibili anime che si tuttora confrontano nell'area della destra litigarella, vale a dire l'anti-usura di Pound, il pensiero cattolico e il prometeismo futurista.
A mio avviso la prima illusione da respingere contempla il progetto di puntare alla politica politicante, mettendo da parte le idee che dividono.
L'elenco dei danni procurati all'Italia dai governi di centrosinistra dimostra che gli accordi di potere, fondati sull'abbassamento o l'eclissi delle idee professate dai contraenti, sono causa di sordi contrasti e in ultima analisi di riforme avventurose e disgraziate. Le leggi intitolate al disgraziato due Fortuna & Baslini, ad esempio.
La fedeltà ai veri ideali infatti unisce, il potere puro - pragmatico e compromissorio - disperde. Non si può dunque dissentire dal giudizio di Maria Adelaide Raschini secondo cui la cultura non può servire alla persona e alla società se non quando fosse fondata sulla filosofia: "Solo nella prospettiva dell'essere la struttura antropologica della cultura può determinarsi molteplicemente".
Si pone dunque il problema di stabilire se esiste una soluzione filosofica ai conflitti generati dalla presenza nella destra di ideali in sé incompatibili.
La storia ci rammenta che numerosi conflitti culturali sono stati risolti dall'invenzione di una sintesi. Espressioni quali cultura greco-romana, giudeo-cristianesimo, filosofia aristotelico-tomista dimostrano la possibilità di superare i contrasti e sommare le schegge di verità presenti in culture originariamente diverse, riconducendole e integrandole in una più profonda e autentica verità.
Nella storia si possono cogliere indicazioni utili alla costruzione di una sintesi. Perché tale impresa ottenga il successo occorre rammentare quello che Raschini ha dimostrato, una volta per tutte: "tradizione è parola che richiede verbi coniugati al futuro. La tradizione infatti corre in avanti, portandosi dentro quel che merita di essere vivo".
Il profondo significato della sentenza formulata da Raschini si manifesta quando si esaminano seriamente le ragioni che hanno giustificato la esemplare sintesi aristotelico-tomista.
Ora la filosofia di San Tommaso ebbe origine dall'incontro della novità cristiana con la diversa e spesso irriducibile antichità pagana.
Aristotele (elaborando le idee di Platone) aveva elevato il pensiero antico all'idea di una dio autore delle sostanze (ossia delle idee platoniche definite con altro nome) ma non creatore.
Intendiamoci: la filosofia greca aveva le carte in regola per dimostrare che Dio è anche creatore. Platone e Aristotele possedevano - purtroppo separatamente - i concetti di partecipazione e di potenza e atto. Se non che il pregiudizio pagano e il malinteso avevano arrestato il loro cammino alle soglie del sommo vero.
Un geniale studioso della filosofia antica, Enrico Berti sostiene al proposito: "Ciò che è sconosciuto al mondo greco, compreso Aristotele, è la concezione dell'atto come atto di essere, la quale costituirà invece il risultato dell'interpretazione che i pensatori cristiani ... daranno dell'Essere di Platone, interpretazione resa possibile dall'irruzione nella filosofia greca del concetto biblico di creazione".
Ora San Tommaso ebbe un'intuizione geniale: innestare l'idea platonica di partecipazione sulla filosofia di Aristotele.
L'innesto platonico aggirò e arrestò la tendenza all'uso della filosofia aristotelica in funzione dell'immanentismo strisciante nell'università averroista di Parigi, e attribuì legittimità tradizionale alla nuova metafisica.
Sistema platonico-aristotelico-tomista significa, appunto, che il nuovo ha fatto correre avanti l'antico, salvando quel che meritava di essere vivo e abbandonando il rimanente alla chiacchiera estenuante degli averroisti presenti e futuri.
A mio avviso il metodo tomista può e deve essere applicato in vista della pacificazione della idee oggi in conflitto a destra. Si tratta dell'unica alternativa alla convivenza rissosa e babelica a destra.
L'unificazione degli elementi comuni a tre culture diverse quali l'anti-usura, il cattolicesimo e il prometeismo, infatti, può essere tentata solo nel crogiolo di una cultura forte e viva.
Negli anni Trenta, come è noto, un tentativo di associare la tradizione a pensieri eterogenei fu compiuto da Jacques Maritain (e con esiti che hanno destato motivate perplessità).
Il tentativo di Maritain era ragionevolmente inteso a intercettare le istanze plausibili del pensiero moderno. Purtroppo Maritain non si rese conto che la perenne novità appartiene al Cristianesimo mentre il moderno rappresenta l'antico, utilizzabile ma per sé infecondo.
Il naufragio del maritainismo nel progressismo e nel pregiudizio a favore dell'Unione sovietica dipende appunto da quell'imperfetta impostazione della dialettica nuovo-antico che indusse a vedere espressioni cristiane nelle filosofie rivoluzionarie.
Maritain non si rese che, nel pensiero dei moderni, stavano diffondendosi gli errori dell'antico gnosticismo, ossia i prodotti dalla riemersione pagana in ambienti cristiani inquieti e/o disarmati.
Nel 1929 Mussolini era invece riuscito a unificare, nella scuola di mistica fascista, le culture elencate dal prof Sessa.
La scelta di Mussolini significò la vittoria della neoscolastica. Evola lo comprese perfettamente: l'amara espressione vittoria della neoscolastica è sua.
Da quel momento (momento durato un tempo breve, soffocato dalla tragica irruzione del nazismo sulla scena europea) l'avanguardia fascista fu guidata da pensatori dichiaratamente cattolici - Giani e Pallotta - e istruita da un cardinale, il Beato Ildefonso Schuster).
E' impossibile negare che, nel periodo tra il 1929 e il 1938, la politica culturale di Benito Mussolini si svolse in conformità con il disegno del cattolico Arnaldo.
La cultura italiana, in quegli anni, ha filtrato e liberato dalle scorie rivoluzionarie l'utopia anti-finanziaria di Ezra Pound e il prometeismo dei futuristi elevandoli e trasferendoli nell'alveo della tradizione cattolica.
Misura del prestigio ottenuto dalla cultura italiana nei primi anni Trenta sono il successo dei provvedimenti attuati per ribaltare i disastrosi effetti della crisi del 1929, la stima dichiarata da Pio XI [perfino nell'Enciclica Non abbiamo bisogno: "Abbiamo già detto che serbiamo e serberemo memoria e riconoscenza per quanto venne fatto in Italia con beneficio della Religione, anche se con contemporaneo non minore e forse maggiore beneficio del regime e del partiti] e l'imitazione che della riforma italiana dell'economia fece il New Deal del presidente americano Roosevelt.
Testimonianze di una considerazione non sfiorata dai contrari postumi giudizi pronunciati da Gianfranco Fini e da Gianni Alemanno.
L'impianto di idee moderne nel solco della tradizione cattolica ha fatto dell'Italia il modello di una terza via oltre il capitalismo e il comunismo.
Il segnale che indirizza alla riscoperta della novità italiana maturata nel periodo fascista, novità avvelenata (dopo la II guerra mondiale) dall'esoterismo evoliano e affossata da Armando Plebe e dai suoi sculettanti discepoli, è la conversione finale di Benito Mussolini.
Splendidamente raccontata da don Ennio Innocenti la conversione è confermata dalle inequivocabili parole che il capo della Rsi rivolse ai cappellani militari: "Cristo si vede a Betlemme, si conosce a Nazareth, si ammira su Tabor, si crede sul Golgota, si ammira attraverso il Vangelo. E' l'unico, il vero rivoluzionario, che della sua croce ha fatto leva e bandiera per sollevare il mondo agli splendori della fede divina. Io vedo in Lui l'asse della storia e i secoli gli danzano intorno. Stanchi di lotta e di odio, gli uomini si appoggiano alla croce e guardano ai suoi occhi, che rischiarano le vite dell'eternità. Il Vangelo è il poema sublime dell'amore universale sgorgato dal cuore di Cristo e scritto col suo sangue divino. L'eco dell'Eterno si ripercuote sulla terra attraverso la sua parola, che è luce per l'intelligenza e fiamma per lo spirito. Il Vangelo è il libro dell'unità, è la chiave del mistero della vita, messaggio di Dio e programma per gli uomini, dove l'amore crea e rinnova, trionfa nel perdono ed impera nell'esaltazione del dolore".
Importanti segnali indirizzati alla soluzione tomista dei conflitti ideologici a destra sono anche le conversioni del fondatore del futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, e di Giano Accame, il più geniale rappresentante dei bankiller formati alla scuola di Ezra Pound.
In queste esemplari figure del nostro passato possiamo scoprire gli elementi del nuovo che è indispensabile alla rinascita della destra, vivente nelle aspirazioni del suo popolo malgrado il demenziale assalto dallo sfascismo.

domenica 21 novembre 2010

analisi sull'apartheid con recensione libro Arthur Kemp


La presente nota riporta alcuni significativi tratti dal libro “The Lie of Apartheid and other true stories from Southern Africa [“La menzogna dell’Apartheid e altre storie vere dall’Africa del sud”] di Arthur Kemp, pubblicato nel gennaio del 2009.

Arthur Kemp è un Inglese nato in Rhodesia e vissuto, per anni, in Sudafrica. Il suo concetto di nazione si confonde con quello di razza; come se la razza non fosse una caratteristica della nazione, ma la nazione stessa. Ciononostante il documento sotto offre molte considerazioni critiche interessanti sul sistema dell’apartheid, ma oltre tutto questa nota vuole far riflettere su alcuni spunti che la visione razzialista seppur molto interessante di Kemp non tratta.

Scoprirà chi avrà la pazienza di leggere questa nota che Kemp non pone il bersaglio dove va posto, ovvero sulla mentalità moderna capitalistica. Gli stati boeri erano già condannati alla fine del XIX° secolo come nel XX° secolo tutti i bianchi in Sud Africa e nell'Africa a sparire perché alla finanza usurocratica internazionale non servivano più. Anzi il loro modello economico di società , basato sul contadinato pionieristico era scomodo per coloro i quali volevano soltanto sfruttare le immense ricchezze naturali del territorio.

Ma leggiamo quello che scrive Kemp “Una delle ironie più amare relative al Sudafrica è che la politica dell’apartheid - a cui per decenni si aggrapparono tanti afrikaner [bianchi di lingua afrikaans. Ndr] come loro unica speranza e salvezza da una dominazione terzomondista - in realtà era un sistema impraticabile e inattuabile che li ha cancellati come forza politica in quel paese.

I politici – il National Party [NP, ndr] – fautori dell’apartheid sono stati i più grandi criminali in questa tragedia, propagandando una speranza illusoria agli afrikaner, e poi, quando l’inevitabile arrivò, si arresero e cambiarono strada, abbandonando i loro seguaci al dominio dell’African National Congress (ANC), nello stesso modo cinico con cui prima gli avevano mentito.

I politici conservatori bianchi del Sudafrica non hanno mai capito che la forza principale del potere politico è: letteralmente, l’occupazione fisica. . Le persone che occupano un territorio determinano la natura della società in quella regione.” I politici di cui parla Kemp non sono altro che gli sguatteri del potere usurocratico mondiale, il quale li ha licenziati poiché non servivano più, prendendo al loro posto gli altri sguatteri neri dell'ANC, che magari costavano di meno.

Quello che porta avanti Kemp è il fatto, ben evidente agli occhi di chi li usa per vedere, che non si può pretendere di tener fuori dalla vita economica di un paese chi è stato fatto entrare e che magari svolge dei lavori che tu non vuoi più fare.

“La storia ci insegna che ci sono due ragioni principali per un cambiamento della composizione razziale della società: l’occupazione militare o l’impiego di manodopera allogena. Gli indiani d’America sono un esempio da manuale di “occupazione militare”, mentre, come premesso sopra, il Sudafrica è un esempio da manuale per “l’impiego di manodopera straniera”. Quando si verificano cambiamenti attraverso l’impiego di manodopera allogena, i processi sono i seguenti:

- La società dominante importa lavoro straniero (solitamente di altre razze) per compiere i lavori più umili.

- Gli stranieri di altre razze una volta stabilitisi in loco iniziano a moltiplicarsi di numero utilizzando le strutture della società che li ospita (nei paesi bianchi: la loro scienza, sanità, tecnologia, ecc.).

- Assumono il dominio della società grazie al loro numero.

Si tratta, molto semplicemente, di una realtà demografica: chi occupa una terra determina la natura di tale società. E così è stato – ed è – in Sudafrica, dove i dati demografici mostrano con precisione come l’uso di manodopera allogena da parte degli afrikaner li abbia espropriati dalla propria patria.”

Quando qualcuno anche qui in Italia si lamenta perché gli immigrati stanno sempre più aumentando tenga bene a mente , la risposta che viene data è “gli immigrati fanno lavori che gli italiani non vogliono più fare”. Sempre tenendo bene il fatto che molto spesso la risposta può essere gli immigrati fanno dei lavori a condizioni che gli italiani non vogliono più sopportare, comunque gli italiani effettivamente non si accontentano più di fare i lavori bassi, cercano di fare lavori da colletti bianchi, magari con contratti di lavoro precari, o con clausole schiavistiche e vessatorie. Ma il mantenere le attività paterne non se ne parla nemmeno, anche quando queste si rivelassero vere e proprie miniere d'oro. Questo è anche dovuto ad una falsa ambizione dei genitori , che credevano che potesse sussistere uno stato, una società basata esclusivamente su laureati, dirigenti, quadri aziendali, sulla base del famoso romanzo di Ferenc Molnar, I Ragazzi della Via Pal, in cui in una banda di ragazzi organizzata su criteri militari, la formazione comprendeva il 99% di ufficiali con un solo soldato semplice.

Il tutto condito da una mentalità consumistica che ti fa consumare stipendi per cose di cui potresti fare benissimo a meno, e che anzi se ci rinunciassi, per pensare alle cose principali e magari ad un giusto benessere, sulla base esemplare di “ i miei figli non avranno l'ultimo di tipo di ipod perché ne possono benissimo fare a meno, ma non gli deve mancare nulla di quello che è essenziale e devo educarli ad una visione simile alla mia. Il computer ed internet devono essere visti da loro come strumenti per arricchire le loro menti, e la loro cultura, non per passare i il loro tempo a rincoglionirsi su uno schermo. Pagherò i corsi sportivi e di approfondimento artistico per loro solo se ne saranno portati, non per trasferire su di loro le mie frustrazioni. Devono seguire le loro ambizioni non le mie”. E la mancanza di una mentalità di questo tipo, che ovviamente i padroni dell'ideologia usurocratica e consumistica vedrebbero come il fumo negli occhi, che ci porta alla presente situazione.

Oltre tutto una mentalità edonistica prima un situazione economica che non ti lascia speranze per il futuro poi ti porta ad una minore crescita demografica. Mentre gli immigrati che vengono da situazioni in cui i bisogni primari sono drammaticamente essenziali, li non si tratta di vivere ma di sopravvivere, nel riprodursi non si fanno problemi di sorta, le loro madri sono in maniera gigantesca più giovani delle nostre, e quini possono ancora affrontare un numero maggiore di gravidanze.

Gli immigrati vengono da posti in cui il concetto di controllo delle nascite per evitare la sovrappopolazione del pianeta, verrebbe visto come una immane, colossale stronzata. In quei posti stante la situazione di alta mortalità infantile, le epidemie e così via, una riduzione delle nascite porterebbe ad una scomparsa della specie, e dato che l'homo sapiens sapiens quando non è rincretinito dalla televisione e da certe stronzate occidentali, l'istinto di conservazione lo ha molto ma molto sviluppato, si rivolge all'unico naturale modo di continuare la sopravvivenza della specie: procreare.

Ma ritorniamo al libro di Kemp.

“La formalizzazione dell’apartheid da parte del National Party dopo il 1948, non affrontò il vero problema che ha affrontato ogni minoranza che, nel corso della storia, ha cercato di imporsi sulla maggioranza. La contraddizione intrinseca di permettere l’insediamento di un enorme numero di appartenenti ad altre razze in un territorio, mentre si cerca di impedire che la maggioranza della popolazione domini la società, non fu mai risolto.

La verità è che non è possibile.

In Sudafrica, quasi ogni famiglia bianca aveva (e ancora ha) uno o più dipendenti neri.

Gli agricoltori afrikaner, che sono vittime di un alto numero di orrendi attacchi e omicidi – generalmente hanno centinaia di operai neri che lavorano i lori vasti terreni agricoli.

Nelle miniere, il cuore economico del paese, la stragrande maggioranza di operai, molte centinaia di migliaia, sono neri.

In tutto il paese la stragrande maggioranza di operai che fa quasi tutto, da lavoro in fabbrica, alla costruzione di strade e case, dal servizio nei ristoranti a quello nei negozi, sono neri.

Nonostante questa massa fosse integrata economicamente, il governo dell’apartheid cercò di applicare una segregazione sociale per mantenere un governo bianco: un piano che era destinato a fallire fin dal suo inizio.

L’apartheid era basata su un errore: l’errore che i non-bianchi potessero essere usati come forza lavoro della società; che i non-bianchi potessero essere maggioranza in Sudafrica, ma senza che questi determinassero la natura della società sudafricana.

Questa dunque, era la menzogna dell’apartheid: che fosse possibile, attraverso una rigida segregazione, garantire che i neri non regnassero su un paese nel quale erano la maggioranza.

La storia parla chiaro: non c’è mai stata una società nella quale la maggioranza della popolazione non ne ha determinato la natura.

I sudafricani bianchi, va detto, più o meno hanno creduto alla menzogna. Erano felici di avere domestici neri che gli pulissero le case, che gli stirassero i vestiti, che gli facessero il letto nel quale dormivano – ed erano disposti a credere che questa massa di lavoro nero che si era insediata sul loro territorio non avrebbe mai avuto alcun effetto sulle strutture del potere politico del proprio paese.

Si dice, in effetti, che la definizione di un sudafricano bianco è “qualcuno che preferisce essere assassinato nel proprio letto che rifarselo”.

Divertente? Non proprio – considerate questi esempi reali:

Durante l’apartheid, i neri [tutti i non-bianchi. Ndr] non potevano usare i servizi igienici dei bianchi, ma potevano essere impiegati per pulire gli stessi gabinetti ogni giorno. Ci si può solo meravigliare di fronte ad una cosa di questo genere.

Durante l’apartheid, i neri [tutti i non-bianchi. Ndr] potevano lavorare nelle cucine dei ristoranti, preparare il cibo, servirlo nei piatti, e portarlo al tavolo dei clienti bianchi, ma non potevano mangiare allo stesso tavolo nello stesso ristorante. Che ipocrisia è mai questa? Sicuramente se si voleva essere coerenti bisognava proibire ai neri di lavorare nei ristoranti. Ma no, l’apartheid non voleva questo, giacché era stata costruita proprio affinché i neri potessero lavorare.

Cinici osservatori parlarono della sindrome della “erba tagliata” in relazione ai bianchi sudafricani. Giacché questi consideravano il lavoro dei neri come quello delle falciatrici. Un tosaerba rimane immobile in garage finché non è necessario, dopodiché viene portato sull’erba, e dopo aver finito viene riposto dov’era, per rimanere in silenzio, senza causare nessun tipo di problema, fino alla prossima volta che sarà necessario.

La realtà è, ovviamente, drammaticamente diversa.

Un altro fondamento importante della menzogna dell’apartheid è che la forza militare poteva mantenere il sistema integro. La realtà demografica ancora una volta smentiva questa ipotesi: la popolazione bianca sudafricana era in totale di 5 milioni, mentre quella nera a quel tempo era di circa 30 milioni.

Alla luce di questa realtà demografica, si può ben vedere come l’apartheid fosse insostenibile con mezzi militari. Eppure la menzogna continuò, e i giovani bianchi sudafricani furono coscritti nell’esercito e nella polizia per combattere e morire per un sistema che era condannato fin dall’inizio.

Contemporaneamente, la sanità bianca occidentale e la tecnologia furono rese disponibili su larga scala. Il più grande ospedale dell’emisfero sud fu costruito nella township nera di Soweto, fuori Johannesburg, specificatamente per la popolazione nera.

Il tasso di mortalità infantile tra i neri diminuì grandemente (ben al di sotto di quello del resto d’Africa governato dai neri). Questa rapida crescita della popolazione stravolse ancora maggiormente la demografia del paese.

Mentre la composizione demografica peggiorava, il governo dell’apartheid era costretto a varare leggi sempre più severe ed oppressive per proteggere i bianchi dai neri che, anno dopo anno, diventavano sempre più maggioranza schiacciante.

Furono varate leggi come la detenzione senza processo e la messa al bando di libri e persone, già sufficientemente gravi di per sé, ma anche il conflitto si intensificò, ed entrambe le parti iniziarono ad utilizzare metodi riprovevoli. Lo Stato dell’apartheid utilizzò fondi per finanziare squadroni della morte e la tortura della polizia diventò la routine. L’ANC – tra le varie azioni riprovevoli - piazzò bombe nei ristoranti, e incoraggiò la gente ad ammazzare i presunti collaborazionisti con “collane della morte” [un pneumatico bagnato di benzina è messo al collo della vittima, dopodiché viene incendiato. Ndr]..

Il governo bianco cercò di dare applicazione concreta alla politica della “Grande Apartheid”. Venne data l’indipendenza vera e propria ad un numero di tradizionali territori neri, ai primi verso la metà degli anni ’70

In questo modo, il governo dell’apartheid si illudeva che le aspirazioni politiche dei neri potessero essere soddisfatte dal solo diritto di voto in queste terre tribali – nonostante un massiccio numero di neri vivesse fuori da questi territori nelle aree urbane bianche. (Aree cosiddette “bianche” ma dove la maggioranza non era di europei se si contavano tutti i domestici neri, gli operai e i dipendenti al servizio delle fattorie.

Il governo bianco rifiutò anche di aggiornare le dimensioni di queste aree tribali per adattarle alle modificazioni demografiche, insistendo ostinatamente che le homeland nere – circa il 13 per cento dell’intera superficie del paese avrebbero potuto accogliere quello che rapidamente era diventato più dell’80 percento di tutta la popolazione totale, anche se erano principalmente occupate da terreno agricolo di ottima qualità.

In poche parole, il governo dell’apartheid rifiutò di accettare una verità fondamentale del dinamismo razziale: chi occupa uno spazio determina la natura della società su tale spazio, e poco importa a chi originariamente fosse appartenuto tale spazio.

Il destino del Sudafrica bianco fu segnato quando la divisione territoriale non fu adeguata alle nuove realtà demografiche, quando tutto lo sforzo fu fatto per creare homeland nere e non per creare una homeland bianca, mentre si continuava ad insistere ad usare il lavoro dei neri.

La riforme parziali a metà degli anni ’80 – abrogazione delle leggi che proibivano i matrimoni e i partiti interrazziali, e le riforme costituzionali che davano ad indiani e coloured proprie camere parlamentari – servirono a poco per fermare la crescente violenza.

In realtà, la violenza razziale aumentò drammaticamente. Le riforme crearono una incompiuta “rivoluzione da aspettative crescenti”, e fu precisamente durante questo ciclo di violenze nere e contro-violenze bianche che la guerra razziale nel paese contò il più alto numero di vittime [questo solo se non si considerano come vittime di attacchi razzisti i circa 35.000 bianchi assassinati tra il 1994 e il 2009 – tra cui circa 3.000 agricoltori. Ndr].

Nel 1990, il governo bianco affrontò finalmente la realtà, che non poteva più efficacemente controllare la crescente popolazione nera, così riammise l’ANC alla legalità e rilasciò Nelson Mandela dalla prigione. Nel 1994 il potere fu consegnato alla ANC con un voto a suffragio universale [costringendo insieme tutte le nazioni dell’Africa del sud. Ndr]. Anche se l’apartheid vera e propria era finita negli anni ’80, è dal 1994 che tale politica è stata completamente dismessa.

E’ stato un risultato inevitabile: l’apartheid non poteva essere mantenuta, era inapplicabile a causa della realtà demografica, ed era moralmente inaccettabile, anche perché basata sulla repressione violenta.

I sudafricani bianchi, quindi, seminando l’apartheid hanno raccolto la propria rovina, perché un sistema di separazione non poteva essere mantenuto mentre si impiegava il lavoro dei neri.”

L'estensore di questa nota non ha nulla da aggiungere a quanto già scritto da lucidamente da Kemp.

Quello che da come soluzione Kemp è l'istituzione di una homeland bianca in Sud Africa, in cui i bianchi sudafricani si possano stabilire e ivere, secondo le loro leggi. All'estensore di questa nota pare se non irrealistica alquanto difficile , anche perché avrà contro non tanto i negri del Sud Africa ma coloro che vogliono continuare a sfruttare il sud Africa stesso, ai quali una homeland bianca non serve anzi può risultare dannosa.

giovedì 18 novembre 2010

io chiedo castigo

IO CHIEDO CASTIGO.


Queste uggiose giornate di novembre, nelle quali sembrano riversarsi sulla Terra le lacrime del Cielo, mi stanno riportando indietro di trentacinque anni.
Tutto è cominciato con l'anniversario della morte, per alcuni così simile alle vicende narrata i Ragazzi di Vita o di Accattone, di uno degli intellettuali più lucidi, acuti e chiaroveggenti che la cultura italiana del secondo dopoguerra potesse esprimere ma che era anche una delle figure più moralmente sporche e corruttrici che la società italiana avesse generato.
Nel mentre preparavo una serie di scritti appunto su Pier Paolo Pasolini, rileggevo Scritti Corsari, quella serie di articoli apparsi sui giornali borghesi dal 1973 al 1975 che catenarono furiose controversie fra i suoi stessi compagni di strada, per le posizioni contro corrente cche il Pasolini prendeva.
Ma mentre leggevo, venivo trasportato nel clima di quegli anni, quando adolescente avevo cominciato a fare politica. Mi sovvenivano le polemiche di allora, il clima di guerra civile strisciante che si respirava, gli scontri di pazza, e le piccole scaramucce di bande di sera. Le sere passate in sezione ad aspettare l'eventuale arrivo degli “altri”, per evitare di poter trovare il nostro punto di ritrovo bruciato da una molotov.
La lettura della risposta data a Pasolini da Italo Calvino, in cui il troppo sopravvalutato autore di libercoli diceva che non aveva voglia di parlare o di conoscere giovani fascisti, mi hanno portato vivide le stesse sensazioni che provavo allora. E si badi bene, non erano di odio o di rabbia verso i giovani dell'altra parte per quanto tronfi e vigliacchi sicuri di loro , sicurezza data dalla totale impunità e copertura che avevano dal PCI e dal PSI. Erano di autentica rabbia ed odio verso gli intellettualoidi borghesi radical chic, le Cederne, le Ginzburg , le Fallaci,gli Eco, i Bocca, i Nozza, i Moravia, le Maraini, tutti costoro scrivevano sui giornali e sulle riviste borghesi, organi di stampa dei quali i picchiatori marxisti, quelli di Potere Operaio,di Lotta Continua i Katanga del Movimento Studentesco, erano i cocchi.
I giornalisti borghesi che sotto la federazione di Padova, subito dopo l'assassinio di Mazzola e Giralucci straparlavano di faida interna. Quelli che dicevano che il rogo di Primavalle era stato causato dal padre delle due vittime. Quelli che applaudivano o perlomeno giustificavano l'assassinio di Carlo Falvella , quando i compagni scandivano UCCIDERE UN FASCISTA NON È REATO, quelli che consideravano manifestanti e ragazzi generosi gli extraparlamentari di sinistra che con caschi, spranghe e chiavi inglesi sfilavano ogni sabato per le vie delle nostre città, abbandonandosi a devastazioni di sedi di partito, di bar segnalati come ritrovi di militanti di destra, alle aggrssioni di presunti o veri militanti di destra. E questi ricordi mi fanno venire una rabbia tremenda.
Per quello che ho raccontato adesso, cronaca che adesso aatrentacinque anni sembra irreale, ma in me ed in altri è ancora vivida, IO CHIEDO CASTIGO.
Per il fatto che il libro di Antonio Santangelo, Analisi Del Comportamento Fascista, venisse stampato da Moizzi Editore nel 1975 e che fosse un libro in cui si affermasse la sub-umanità di coloro che professassero ideologia fascista, dando la giustificazione morale agli uccisori di Ramelli, di Mazzola Giralucci, di Ugo Venturini , Mantakas, Ciavatta, Bigonzetti, Cecchini, Mancia, dei fratelli Mattei ed anche la giustificazione a centinaia di aggressioni che portarono a gravi lesioni invalidanti ragazzi colpevoli solo non di essere militanti ma solo simpatizzanti di destra, per il fatto che questo libro sia ancora in giro e che i magistrati sempre pronti ad applicare la legge Mancino contro qualche ragazzino che fa stupidi cori razzisti allo stadio, di questo testo autenticamente inneggiante all'odio razzistico non si siano minimamente occupati, CHIEDO CASTIGO.
Per il fatto che in tempi non lontani venisse tranquillamente candidato a Milano per l'allora polo delle Libertà, con la totale acquiescenza di Alleanza Nazionale, dell'avvocato degli assassini di Sergio Ramelli, il quale aveva sostenuto che i suoi assistiti, proibendo la costituzione italiana la ricostituzione del Partito Fascista, colpendo un militante neofascista non avevano fatto altro che applicare la costituzione nata dalla resistenza, per questo e per il fatto che nessuno abbia reagito in aula o sulla stampa, IO CHIEDO CASTIGO.
Ma ancor di più per coloro che nelle file in cui militavo parlavano a cuor leggero di “scontro fisico”, per coloro che facevano i mangia fuoco nei comizi, lasciando l'onere dello scontro ai militanti, per coloro che quando i militanti, che dovevano sostenere lo scontro fisico da loro evocato a parole, nel respingere un assalto ferivano gravemente o uccidevano un assalitore, si affrettavano a sconfessali e a consegnarli alla solerte polizia, anche e soprattutto per costoro IO CHIEDO CASTIGO.
Non credo che le mie parole verranno ascoltate , anzi forse passerò dei guai, ma tanto, non ho nessuno di cui debba darmi pena ormai, quindi voglio togliermi alcuni sassolini dalle scarpe, sassolini che ora come ora son diventati dei Dolmen.

martedì 16 novembre 2010

ripensare Pasolini


A TRENTACINQUE ANNI DA UNA MORTE CHE DIVIDE ANCORA:
RIPENSANDO PASOLINI.

Trentacinque anni fa, son saltati in un lampo, e mi ritrovo diciannovenne di nuovo quella sera di novembre in cui sentiamo che Pier Paolo Pasolini è stato trovato morto, il giorno dei morti coincidenza, in una borgata di Roma. Le mie reazioni da giovane militante di destra in quel periodo ? Bah., la prima è “ va a finire che ci appioppano anche il suo omicidio!”, la seconda è stata
“adesso vedrai che i compagni dopo averlo sbeffeggiato per le sue posizioni antiabortiste, per l'aver detto che i giovani proletari possono essere dei sadici stupratori quanto i “fascisti” del Circeo ( i pariolini) perché la violenza non ha classe!, ora ne faranno un idolo.” Ed in effetti devo ammettere che le mie reazioni erano figlie di quei tempi.
Odiavo in Pasolini, una certa spocchia intellettuale tutta marxista e non la sua omosessualità ma la sua pederastia , mi rifaccio al termine greco, Paidos rastas ( rasta in greco vien da razomai, che vuol dire copulare aver rapporti sessuali con il Pais, che non vuol dire bambini in senso lato, ma il ragazzino. Chiedo scusa per gli eventuali errori ma il mio greco antico è di molto arrugginito dai tempi del liceo!), in quanto l'omosessualità è per il sottoscritto tutt'al più un affare fra una persona e la sua coscienza. Ma non posso fare a meno di pensare che la stizzosa reazione, del Pasolini ad un passo di un libro sull'omosessualità di Daniel e Baudry, in cui gli autori, assolutamente non imputabili di omofobia, condannano l'irresponsabilità del pederasta libertino, che adescando il giovanetto non ancora sicuro della propria identità sessuale lo porta artatamente ad una tendenza omosessuale, non posso fare a meno di pensare che la sua reazione fosse di colui che era punto sul vivo in quanto lui stesso un pederasta libertino, usante lui si sadicamente il potere datogli dalla ricchezza, dall'influenza che aveva sul campo culturale ed editoriale, a soddisfare le proprie voglie con giovani eterosessuali, facendo il corruttore, Odiavo la sua faziosità intellettuale sempre disonesta come ogni faziosità, specialmente se cosciente. Odiavo i suoi film, non perché politici, ( devo ancora trovare chi effettivamente potesse credere che Salò fosse come rappresentata dalle Centoventi giornate di Sodoma!) ma perché francamente brutti. Alcuni film di registi comunisti , fatti da attori comunisti, potevano darti delle sensazioni di scontro, di dibattito, potevi dire che, cavolo, erano anche interessanti anche se dicevano balle o cagate, ma i suoi film ti davano una visione così miserabile della vita , i suoi personaggi erano così squallidi, senza redenzione, che ti facevano cascare le braccia; era riuscito a far diventare noioso anche Totò, il che è tutto dire!
Devo dire che mi stupirono, due articoli apparsi sul Borghese e sul Candido, in cui la morte di Pasolini era vista come un dramma , e come una perdita per la cultura italiana, pur se veniva attaccata ferocemente la sua opera. Le due firme sugli articoli erano di Gianna Preda e di Giorgio Pisanò , rispettivamente sul Borghese e sul Candido. L'articolo di Gianna Preda ricostruiva la morte di Pasolini in una sorta di sceneggiatura tratta da Ragazzi di vita, in Pisanò per la prima volta mi trovavo davanti non all'ottuso cane da guardia dell'ortodossia missina che avevo conosciuto allora e che avrebbe dato prova di essere anche in futuro, ma un giornalista che Pasolini lo aveva letto attentamente. Questo mi portò ad analizzare in seguito più attentamente gli articoli di Pasolini. Di lui avevo letto a scuola la ballata del violento, una delle poche sue poesie che mi era piaciuta, ed alcuni articoli sul corriere della sera, anche se non mi piacevano i giornali borghesi, li trovavo più faziosi di quelli dei compagni, che erano interessanti.
Ah, la mia prima reazione era stata profetica , grazie anche alle estemporanee dichiarazioni di Oriana Fallaci ( antifascista allora, anti islamica in seguito, cazzara sempre!) che aveva dichiarato di sapere che la morte del PPP era da addebitarsi ai fascisti, tanto è vero che apparvero sui muri italici dell'epoca scritte rosse cubitali dicenti : Pasolini come Matteotti! Pare che però mani sbarazzine aggiungessero subito dopo in nero: Ammazzato dai Culi Rotti! Si deve dire che la rima era stata servita su un piatto d'argento!
Anche la terza considerazione fu profetica, fra le tante cazzate sparate fu rimarchevole quella di Marco Pannella che chiamava Pasolini un santo laico ( allora al sottoscritto fresca matricola universitaria venivano in mente Goliardiche litanie, in cui i santi erano capaci di mirabolanti tecniche amatorie, quali San Cirillo che col ca..o a spillo sodomizzava secondo dette litanie i microbi!).
Eppure adesso rileggendo il Pasolini di Scritti Corsari, penso che lostesso avrebbe sghignazzato vedendosi celebrato da coloro che lo avevano attaccato a sinistra in maniera virulenta e molto volgare...ed oltretutto posso in effetti dire che alcune sue visioni di allora erano sicuramente profetiche.
Come non essere con lui d'accordo quando, analizzando la vittoria dei divorzisti, metteva il dito sul fatto che sia DC e MSI che avevano affrontato la battaglia contro il divorzio credendo di vincere, sia il PCI che allora aveva affrontato la battaglia pro divorzista , credendo di perderla, spostandola quindi sul binomio fascismo – antifascismo, non avevano capito che la società italiana non era più quella degli anni 50, primi anni sessanta ma che il consumismo l'aveva cambiata. Perché il mondo sociale italiano non era più quello degli anni cinquanta, una società che era la stessa di quella degli anni trenta come valori, in cui non c'era stata la cesura che ci fu negli anni sessanta, una mentalità che cambiava. Ciò che mise Pasolini contro gli altri suoi compagni intellettuali, che erano di un conformismo che faceva schifo allora come lo fa adesso, era che Pasolini rimpiangeva la società di allora, e aborriva, disprezzava, e temeva la società che sarebbe arrivata allora.
Basta leggere l'incipit della recensione di Pasolini a Un Po' di Febbre di Sandro Penna “ Che paese meraviglioso era l'Italia durante il periodo del Fascismo e subito dopo!” per capire come contro di lui si sarebbe alzate le vestali dell'antifascismo isterico! Pasolini che ammira la società fascista! Anche se lui dice che la società era splendida malgrado il fascismo, era comunque un esaltare una società che con la società italiana degli anni formidabili , come diceva Mario Capanna, faceva a pugni, era completamente antitetica. Era una società che aveva dei valori di onestà , austerità morale, risparmio, Patria, ordine, religiosità, moralità che erano condivisi da tutti anche da coloro che delinquevano, “l'onestà dei padri e delle madri!”, e malgrado lui si arrampicasse sugli specchi dicendo che questi valori erano buoni e reali “ nelle culture particolari e concrete che costituivano l'Italia arcaicamente agricola e paleoindustriale...nel momento in cui venivano assunti a “valori” nazionali non potevano che perdere realtà e diventare atroce, stupido, repressivo conformismo” ( articolo apparso sul Corriere della Sera, col titolo “ Il vuoto del potere in Italia”, il 1° febbraio 1975, ma universalmente noto come l'articolo delle lucciole), non poteva fare a meno in se stesso di capire che quei valori erano buoni sempre ed ai suoi compagni di strada intellettuali borghesi e progressisti, ed agli intellettuali di sinistra, proni alla dirigenza del PCI, non potevano che logicamente far rizzare i capelli.
Se la DC ed il PCI , (e i dirigenti di quest'ultimo non potevano perdonargli di averlo fatto notare!), avevano totalmente sbagliato l'analisi antropologica della nuova società italiana, lui d'altro canto non aveva capito che tutti i suoi amici intellettuali invece di temere il nuovo potere , per lui fascista, della nuova società consumista, la auspicavano ed erano pienamente pronti ad accettare i nuovi (dis) valori che il consumismo portava avanti, reagendo alle sue osservazioni con sufficienza stizzosa.
Ma questo lui non poteva comprenderlo perché lui voleva credere a quello che scriveva sempre sull'organo, oggi come allora e come sempre, della più schifosa borghesia italiana, ovverosia che esistevano due paesi in Italia, uno dei quali corrotto, disonesto incapace,affondante nella degradazione, l'altro onesto, morale, capace di risollevare l'Italia, quest'ultimo rappresentato dalla classe dirigente del PCI di allora. ( Che cos'è questo Golpe, Corriere della Sera 14/11/1974)
Sappiano gli estimatori da destra di Pier Paolo Pasolini, che se ancora adesso nella cultra politica italiana troviamo sempre il pregiudizio razzistico di una sinistra sempre e comunque moralmente superiore, i moderni Rodotà, lo dobbiamo anche a Pasolini stesso.
Finisco ora questo che sarà uno dei primi interventi su PPP a trentacinque anni dalla morte, anche perché certe cose di lui vanno chiarite.